Tempio Malatestiano – Leon Battista Alberti – Analisi

Il tempio malatestiano può considerarsi il primo intervento architettonico attuato da Leon Battista Alberti. Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, richiese il rifacimento della chiesa gotica di San Francesco, che sarebbe dovuta divenire un monumento al signore della città, a sua moglie, e a tutti i più importanti umanisti della corte. La trasformazione dell’interno, tradizionalmente riferito a Matteo de’ Pasti, viene considerata come possibile intervento  dello stesso Alberti. Infatti, l’unica navata, affiancata da cappelle introdotte da grandi arcate a sesto acuto, presenta una soluzione ornamentale che ben corrisponde alle concezioni albertiniane.

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All’interno del Tempio Malatestiano, un ordine di paraste su piedistalli inquadra gli archi acuti e dove il secondo ordine prosegue lungo le pareti formandone il coronamento. Il linguaggio classico, infatti, aiuta l’interno gotico ad avvicinarsi all’innovativa lingua che caratterizza l’esterno, senza che debba essere in alcun modo influenzato dalla preesistenza architettonica medievale. L’Alberti, per conseguenza, incapsula l’edificio in un moderno involucro in pietra d’Istria senza curarsi molto di quanto già esisteva. Ne sono prova le grandi arcate laterali, strutturalmente indipendenti dalla fabbica retrostante e non in asse con le finestre gotiche.

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L’Alberti ritiene che l’attività del’architetto debba essere puramente “mentale”, ovvero teorica, poichè esso non si occupa personalmene della direzione dei lavori. L’esecuzione del Tempio Malatestiano fu affidata, infatti, al veronese Matteo de’ Pasti. A lui si deve anche l’ultima testimonianza visiva del progetto originario, dal momento che l’opera rimase incompiuta, prima per il rovesciamento delle fortune di Sigismondo, poi per la morte dello stesso committente.

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Dalla medaglia commemorativa per la consacrazione della chiesa che Matteo dovette coniare, si può notare come la parte superiore della facciata avrebbe dovuto essere coronata da un fastigio nella porzione centrale. Dei semipiani curvilinei l’avrebbero raccordata con la cornice sottostante. Infine, una grande cupola emisferica, simile a quella del Pantheon, avrebe completato l’edificio divenendone l’elemento unificante.

La medaglia, di soli 4cm di diametro, non ci permette di capire quale forma avesse il tamburo, nè quale forma avesse la cupola. Infine, è probabile che la crociera dovesse presentare anche un corto transetto.

Nel Tempio Malatestiano l’Alberti creò la prima facciata di chiesa rinascimentale e lo fece riferendosi all’antichità romana. Esso non imitò le forme del tempio classico, ma ebbe come esempi gli archi di trionfo. Primo fra tutti l’Arco di Augusto (Rimini) e l’Arco di Costantino (Roma). Nei fianchi invece, le grandi arcate a tutto sesto sorrette da pilastri ricordano gli antichi acquedotti.

Le diverse forme di ispirazione trovano un accordo nell’alto basamento che, simile a un podio, sostiene sia i pilastri sia le semicolonne. Queste, dal fusto scanalato, hanno un plinto molto alto e sono coronate da capitelli compositi con teste di cherubino. Le semicolonne dividono la porzione inferiore della facciata in tre parti. Quella centrale, più alta di quelle laterali, accoglie il portale timpanato, all’interno di un ampia e profonda arcata, circondato da festoni e da ornamenti geometrici di marmi antichi provenienti da edifici di Ravenna. Le arcate laterali ripropongono la struttura dei fianchi; esse però sono cieche e poco profonde mentre, come si può vedere nella medaglia commemorativa di de’Pasti, sarebbero dovute essere molto profonde, affinchè potessero ospitare i sarcofagi di Isotta e Sigismondo.

L’edificio riminese dà voce alle aspirazioni del suo committente; il riferimento architettonico e ornamentale all’arco di Augusto è segno  della volontà del Malatesta di essere considerato al pari del primo imperatore romano. Ma numerose sono le analogie con la Colonna Traiana. I due edifici prestentano una simile ornamentazione conclusiva del basamento e identiche dimensioni. Le due strutture poi hanno entrambe una funzione commemorativa e di mausoleo. Il signore di Rimini, allora, non desiderava essere identificato con il solo Augusto, ma anche con Traiano, il migliore degli imperatori. Il Tempio quindi avrebbe dovuto ricordare l’augurio romano “Felicior Augusto, melior Traiano!”, ovvero che tu possa essere più felice di Augusto e migliore di Traiano.

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