Nella “morte di Marat”, David rappresenta la scena successiva all’omicidio di Marat, presidente del club dei Giacobini e membro della Convenzione, assassinato dalla nobile Marie-Anne-Charlotte de Corday d’Armont.
Nel dipinto non compaiono tutti gli elementi che in realtà caratterizzavano quel luogo. Alla parete vi erano appese una cartina della Francia e delle pistole. Il cesto che fungeva da tavolino si è trasformato in una cassetta di legno chiaro, una sorta di lapide, sui cui è scritta la dedica del quadro e la data di morte.
L’essenzialità dell’ambiene è quasi monastica: la vasca in cui Marat è immerso per scopi curativi, il ripiano in legno che fungeva da scrivania, il lenzuolo rattoppato, testimoniano la virtuosa povertà in cui viveva Marat.
Marat tiene ancora in mano un biglietto, nel quale è scritto l’atto di accusa che rivela l’inganno che ha permesso il suo assassinio. Il calamaio e la penna d’oca sulla cassetta, la penna stretta nella mano destra, il coltello per terra, sono come gli strumenti della Passione. Questo parallelismo è rimarcato dall’evidente ispirarsi dell’artista ad una Pietà o Deposizione di Cristo. La ferita sul costato gronda ancora sangue, la testa è riversa sulla spalla destra, il braccio destro è abbandonato lungo la sponda della vasca, il lenzuolo macchiato di sangue potrebbe avere la funzione di sudario. In questo modo Marat è elevato al di sopra degli altri uomini, come esempio da imitare e monito per il futuro.
Al calore emotivo infuso dal pittore si contrappongono il gelo della morte, i colori freddi, l’essenzialità.