Inferno – Canto primo – Divina Commedia – Parafrasi e Riassunto

Canto Primo – Inferno – Divina Commedia

 

Nel mezzo del cammino della mia vita (35 anni)

mi ritrovai per una selva oscura

poiché  la giusta via era stata smarrita.

Ahi quanto è doloroso dire qual era

quella selva selvaggia, impervia ed insuperabile,

che al solo ricordo la paura si rinnova!

E’ tanto amara che la morte lo è poco di più;

ma per trattare del bene che vi ho trovato,

dirò delle altre cose che vi ho visto.

Io non so ben raccontare come vi entrai,

tanto ero pieno di sonno in quel punto

in cui abbandonai la via della verità.

Ma dopo che giunsi ai piedi di un colle,

là dove terminava quella valle

che mi aveva riempito il cuore di paura,

guardai verso l’alto e vidi la sua sommità

rivestita già dei raggi del sole

che guida (con la sua luce) gli altri uomini per la via diritta.

Allora si calmò un poco quella paura

che mi era restata nell’interno del cuore

la notte che io trascorsi con tanto affanno.

E come colui che con il respiro affannoso,

uscito fuori del mare,

si volge all’acqua pericolosa e guarda intensamente,

così il mio animo, che ancora fuggiva,

si volse indietro a riguardare il passaggio

che non lasciò giammai vivo nessun individuo.

Dopo che ebbi riposato un poco il corpo stanco

ripresi la via per il pendio deserto,

in modo tale che il piede fermo era sempre il più basso.

Ed ecco, quasi al cominciare della salita

una lonza leggera e molto agile

che era coperta di pelo maculato;

e non si allontanava dalla mia vista,

piuttosto impediva tanto il mio cammino

che io fui più volte costretto ad indietreggiare.

Era passato del tempo dal principio del mattino

ed il sole saliva in alto in congiunzione con quelle stelle

che erano con lui quando l’Amore Divino

impresse per la prima volta il movimento a quelle cose belle;

si che mi erano di buon auspicio per sperare di scampare

da quella fiera dalla pelle variegata

l’ora mattutina e la dolce stagione primaverile;

ma non abbastanza per non farmi spaventare

dalla vista di un leone che mi apparve.

Questi sembrava che venisse contro di me,

con la testa alta e con fame rabbiosa,

in modo tale che sembrava che anche l’aria ne tremasse.

Ed una lupa, che nella sua magrezza

sembrava carica di ogni desiderio,

e aveva fatto vivere miseramente già molte genti,

questa mi comunicò tanta angoscia

con lo spavento che emanava dalla sua apparizione,

che io persi la speranza di raggiungere la vetta.

E come colui che guadagna volentieri

e giunge il tempo che lo fa perdere,

che in ogni suo pensiero piange e si rattrista;

lo stesso effetto provocò in me la bestia senza pace,

la quale, venendomi incontro, a poco a poco

mi respingeva là dove il sole tace.

Mentre io cadevo rovinosamente in basso,

mi si offrì alla vista uno che,

a causa del lungo silenzio appariva fioco.

Quando vidi costui nel vasto deserto,

gli gridai “Abbi pieta’ di me,

chiunque tu sia, un uomo reale o un’ombra!”

Mi rispose: “Non sono un uomo reale, lo fui,

ed i miei genitori furono lombardi,

di patria mantovana entrambi.

Nacqui sotto Giulio Cesare,

sebbene alla fine del suo dominio,

e vissi a Roma sotto il buon Augusto,

al tempo degli dei falsi e bugiardi (del paganesimo).

Fui poeta e cantai di quel giusto

figliuolo di Anchise che venne da Troia,

dopo che la superba Ilione fu bruciata.

Ma tu perché ritorni a tanta noia?

Perché non sali il piacevole monte

che è il principio e la causa di ogni gioia?

” Allora sei tu quel Virgilio e quella fonte di saggezza

che spandi un così largo fiume di parole?”

Gli risposi con la fronte bassa.

“O onore e luce degli altri poeti

mi valga il lungo studio ed il grande amore

che mi ha fatto cercare la tua opera.

Tu solo sei il mio maestro ed il mio autore;

tu solo sei colui dal quale io trassi

lo stile bello che mi ha fatto onore.

Vedi la bestia a causa della quale sono volto indietro:

aiutami da lei, famoso saggio,

poiché essa mi fa tremare le vene e i polsi”.

“A te conviene percorrere un’altra strada”,

rispose dopo che mi vide piangere,

“se vuoi scampare da questo luogo selvaggio:

poiché questa bestia, a causa della quale tu gridi,

non lascia passare nessun altro per la sua via,

ma tanto lo impedisce che lo uccide;

ed ha una natura così malvagia e colpevole,

che non sazia mai la voglia bramosa,

e dopo il pasto ha più’ fame di prima.

Molti sono gli animali con cui si ammoglia,

e saranno ancora di più finché non verrà il Veltro,

che la farà morire con dolore.

Questi non desidererà potere né ricchezze,

ma sapienza, amore e virtù,

e la sua origine sarà tra feltro e feltro.

Egli sarà la salvezza di quella umile Italia

per la quale morì la vergine Camilla

e (morirono) di ferite Eurialo, Turno e Niso.

Costui caccerà la lupa per ogni città,

finchè l’avrà rimessa nell’inferno,

da dove la tirerà fuori la prima invidia.

Per cui io, per il tuo bene, penso e vedo con chiarezza,

che tu mi segua, ed io sarò la tua guida

e ti trarrò di qui attraverso un luogo eterno,

dove udrai le grida disperate,

vedrai gli antichi spiriti che soffrono,

ciascuno dei quali invoca la seconda morte;

e vedrai coloro che sono contenti

nel fuoco, perchè sperano di venire

quando sarà, alle genti beate.

Se tu poi vorrai salire ad esse

ci sarà per guidarti un’anima più degna di me,

nell’andarmene ti lascerò con lei;

poichè quell’imperatore che regna lassù,

poichè fui estraneo alla sua legge,

non vuole che io vada nel suo dominio.

Egli impera in tutti i luoghi, e là regna;

là è la sua città ed il suo trono:

oh, felice colui che sceglie per quel luogo!

“Ed io dissi a lui: “Poeta, io ti chiedo di nuovo

in nome di quel Dio che non hai conosciuto,

affinché io fugga questo male e altri peggiori,

che tu mi conduca là dove ora dicesti,

in modo tale che io veda la porta di San Pietro

e coloro che tu descrivi così infelici”.

Allora si mosse ed io lo seguii.

 

RIASSUNTO CANTO 1

 

1. SMARRIMENTO DI DANTE NELLA SELVA (vv. 1-30)

 

Nel mezzo del cammino della vita umana(35 anni) Dante, avendo smarrito la diritta via, di ritrova in una selva oscura che al solo ricordo gli riempie l’anima di terrore.

Egli non sa bene affermare come vi sia potuto entrare poiché nel momento in cui abbandonò la giusta via era pieno di sonno.

Giunto ai piedi di un colle, egli guarda verso l’alto e, vedendo la cima illuminata dai raggi del sole, sente rinascere la speranza: così, con l’animo impaurito, si volge indietro a riguardare  quella selva, dalla quale nessuno si è mai salvato.

Dopo essersi riposato, riprende il cammino, iniziando la salita sul colle.

 

2. LE TRE FIERE (vv.31-60)

 

All’inizio della salita compare una lonza , allegoria della lussuria, dalla pelle screziata che gli impedisce la continuazione del cammino per più volte.

Al mattino, quando il sole si trova nella costellazione dell’Ariete(come quando Dio creò gli astri) da fargli sperare bene, appare improvvisamente un leone, simbolo della superbia, che gli viene incontro. L’ultimo animale che incontra nel cammino è una lupa, che rappresenta l’avidità. Quest’ultima, col suo aspetto pauroso, gli incute tanto timore che egli perde la speranza di raggiungere il colle e retrocede verso la selva.

La lussuria, la  superbia e l’avidità corrispondono ai tre vizi che stanno alla base di tutti i peccati.

 

3.APPARIZIONE DI VIRGILIO

 

Mentre Dante ritorna nella selva, gli compare davanti una figura umana che non mostra chiaramente se sia una persona reale o un’ombra.

Dante si rivolge tuttavia ad essa, invocando soccorso, e la figura si mostra per l’ombra di Virgilio, poeta mantovano che nacque sotto Giulio Cesare , visse a Roma sotto Augusto al tempo degli Dei pagani, e cantò del giusto Enea, venuto in Italia dopo la rovina di Troia .

Egli domanda a Dante perché non sale il monte che è principio di gioia perfetta.

 

 

4.PREGHIERA DI DANTE E RISPOSTA DI VIRGILIO

 

Dante, dopo avere espresso a Virgilio tutta la sua ammirazione, lo supplica di salvarlo dalla lupa.

Virgilio gli risponde che per salvarsi dovrà cambiare cammino, poiché la lupa non lascia passare nessuno, ma lo impedisce fino ad uccidere il malcapitato; non è mai sazia; si accoppia con molti animali, che saranno sempre più numerosi finché non arriverà il veltro che la farà morire con dolore.

Il veltro è un cane da caccia agile e veloce che corrisponde ad un riformatore dell’ordine; nascerà tra feltro e feltro( panno di lana con cui si facevano indumenti di poco prezzo)ovvero sarà di umili origini; si ciba di sapienza, amore e virtute.

 

5.LA VIA DELLA SALVAZIONE

 

Per raggiungere la felicità soprannaturale Dante necessita della guida di Virgilio, il quale lo condurrà attraverso l’Inferno ed il Purgatorio. Nel Paradiso Virgilio non può accedervi poichè non ha mai ricevuto il battesimo. Per tale motivo Dante potrà salire fino al Paradiso solo con un’altra anima come guida.

Dopo ciò, Dante, incoraggiato, acconsente a seguire Virgilio nel mistico viaggio.

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