Biotecnologie ambientali

Le biotecnologie e l’ingegneria genetica trovano applicazioni anche in campo ambientale, come ad esempio nel compostaggio, nella produzione di biocombustibili, nel biorisanamento di aree inquinate. Possono essere utilizzate per monitorare ecosistemi tramite biosensori e ripulire acque di scarico mediante biofiltri.

Sviluppo sostenibile

Questo termine venne elaborato nel 1987 nel rapporto BRUNTLAND: le nazioni unite affidarono ad una commissione speciale la realizzazione di un piano di sviluppo “eco-friendly” a lungo termine. Con sviluppo sostenibile si indica uno sviluppo che soddisfi le necessità del presente senza compromettere le possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie. I temi principali furono il consumo di risorse e la produzione di rifiuti. In un piano di sviluppo sostenibile si incentivano le energie rinnovabili quali quella eolica, la solare, le biomasse, il geotermico e l’idrico, mentre disincentivano risorse non rinnovabili quale il nucleare e i combustibili. Con risorsa non rinnovabile si definisce una fonte la cui produttività non può essere sostenuta all’infinito

APPLICAZIONI DELLE BIOTECNOLOGIE AMBIENTALI

I principali combustibili

  • Carbone: produce sostanze inquinanti ed è la principale riserva energetica al mondo, tant’è che finirà tra duecento anni. Esso ha origine da foreste antiche. Quando viene bruciato rilascia ossidi di zolfo, ossidi di azoto, metalli pesanti e uranio radioattivo;
  • Gas naturale: deriva principalmente da organismi marini che originano per il 60%-90% metano, il restante sono altri idrocarburi (butano, etano). Dall’etano si produce l’etilene. Altri esempi di gas naturale è quello usato in cucina, per il riscaldamento ed infine il GPL.
  • Petrolio: è una miscela di alcani, cicloalcani e idrocarburi aromatici. Danno origine al gasolio, alle benzine e ai polimeri plastici. Sono molto pericolosi per l’ecosistema: ad esempio gli idrocarburi aromatici creano una patina sulle penne degli uccelli. Un esempio di disastro ambientale importante si ebbe nel 2010: una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico si ruppe a 1500m sotto il livello del mare: 800.000.000 di L di petrolio e 500.000 T di metano si riversarono nell’acqua.

Biorisanamento

È una tecnica che prevede l’utilizzo di microorganismi (batteri, funghi) per degradare sostanze inquinanti disperse nell’ambiente. Sono necessarie alcune condizioni per la biodegradabilità: gli inquinanti devono essere attaccabili dal microrganismo, inoltre l’ambiente deve essere, ovviamente, favorevole alla sopravvivenza e moltiplicazione dello stesso. Ad esempio, per il petrolio sversato in mare, si utilizzano inizialmente disperdenti chimici in modo da aumentare la superficie d’attacco dei microrganismi, quindi vengono riversati dei fertilizzanti che favoriscono la proliferazione dell’agente degradante.

Biocombustibili

I biocombustibili sono fonte di energia (pulita), originata da biomasse (legno, rifiuti animali o vegetali o agricoli). Le biomasse possono essere bruciate o utilizzate per creare biocarburanti, quali il bioetanolo, il biodiesel, il biometano ed il biogas (H₂). I vantaggi dell’usare biocombustibili è che sono rinnovabili, sono carbonio neutrali, ovvero durante la combustione rilasciano la CO₂ assorbita durante la loro formazione. Però presentano degli svantaggi, quale il maggiore costo del carburante, la sottrazione di terreni all’agricoltura e la deforestazione per ottenere legno.

Esempi di derivati da bioidrocarburi:

  • Bioetanolo: prodotto su larga scala attraverso la fermentazione dei carboidrati delle piante (amido di semi di mais o saccarosio della canna da zucchero). Normalmente l’etanolo si produce a partire dall’etene a livello industriale. La sua produzione prevede la macinazione della canna da zucchero, quindi i polisaccaridi sono trasformati in glucosio e fruttosio tramite idrolisi ad alte temperature, quindi vengono fatti fermentare con opportuni lieviti.
  • Biodiesel: non è una biotecnologia in senso stretto, in quanto la produzione comporta che partendo da oli (di Girasole, di semi di Soia), uniti chimicamente al metanolo, si ottenga biodiesel e glicerolo (utilizzato nell’industria dei saponi).

Acido polilattico (PLA): è una plastica biologica, in quanto la produzione inizia con la macinazione di amido di mais che, idrolizzato, dà origine al glucosio. Esso subisce poi  un processo di fermentazione lattica ad opera dei lattobacilli e poi sottoposti a dimerizzazione (si uniscono due molecole di acido lattico) o polimerizzazione (si uniscono più molecole). Il PLA è trasparente, rigido e robusto, resiste allo schiacciamento e può essere completamente riciclabile, in quanto utilizzabile come compost. Il suo impiego comporta un consumo del 20%-50% in meno di combustibili fossili rispetto le plastiche tradizionali, inoltre riduce la CO₂ in atmosfera in quanto essa viene immagazzinata nel materiale. Il PLA si utilizza per creare tazze, imballaggi, sacchetti ed arredi.

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